Il campo: l’internamento
Arrivati nel lager, perquisiti, disinfestati, fotografati e schedati, i soldati italiani sono infine privati del nome a cui è sostituito un numero. Diventano “stücke”, “pezzi”. L’obiettivo è lo sfruttamento come forza lavoro per l’economia del Terzo Reich. Pur essendo prigionieri di guerra, il 20 settembre 1943 acquisiranno lo status di IMI- Internati Militari Italiani, voluto da Hitler per eludere la tutela delle convenzioni internazionali, e da Mussolini per non dover giustificare il fatto che militari italiani fossero prigionieri dell’alleato tedesco. Nella grande mappa interattiva sono localizzabili i diversi campi di internamento, dislocati nell’area del Reich (Germania, Austria, Polonia e Cecoslovacchia). Essi erano contrassegnati da un numero romano che ne indicava la circoscrizione militare e da una lettera dell’alfabeto o numero che stabiliva l’ordine progressivo all’interno di ciascun distretto.
Una straordinaria documentazione della tragica quotidianità della vita nei lager è rappresentata dalle foto scattate clandestinamente con una piccola Leica dall’ internato Vittorio Vialli.
All’interno del lager gli IMI conducono una vita durissima a causa della fame, del freddo, del lavoro coatto, delle pessime condizioni igieniche, della mancanza di assistenza sanitaria. Un abbrutimento fisico e morale a cui devono reagire con coraggio e forza d’animo. Tra i documenti esposti: strumenti medici, radioscopie e tessere di vaccinazione, epistolari, libricini, il manoscritto di un diario.